1981-1991





1981-1986: Stella Ribelle


1981: il primo gennaio, i Gen X si esibiscono al Paris Theatre, in una memorabile performance che verrà registrata.
Il 23 gennaio viene pubblicato il disco dei Gen X, Kiss Me Deadly, che però si rivelerà un flop. L’album cade presto nel dimenticatoio, pressoché ignorato da pubblico e critica. Il disco è fortemente immerso nel genere New Wave imperversante in quella fase storica, ma mostra i primi vagiti della “Matrice Billy Idol”, ideale punto di ibridazione tra rock, pop ed elettronica.
In un estremo tentativo di rivalsa viene lanciato un EP denominato 4, contenente un extended edition di Dancing with Myself della durata di sei minuti. La release raggiunge solo la posizione #60.
Nel frattempo, Dancing with Myself viene proposta in America e attribuita a “Billy Idol and Gen X”. A sorpresa, il 27 gennaio del 1981, il singolo raggiunge la posizione #27 della Billboard Dance Club Songs. Il brano diventa gradualmente un must della pista da ballo nei locali più in voga degli Stati Uniti.
I Gen X vengono comunque ufficialmente sciolti.
Billy si trasferisce a New York con il patrocinio di Bill Aucoin e la produzione di Keith Forsey. L’obiettivo è utilizzare Dancing with Myself come pattern e piattaforma per un discorso artistico solista. Idol comincia a lavorare ad un EP intitolato Don’t Stop. La band: Ashley Otten (chitarra); Mick Smiley (basso); Frankie Banali (batteria).
Don’t Stop viene pubblicato il 24 ottobre del 1981. Il primo singolo è Mony Mony, cover di Tommy James and the Shondells, che nel novembre del 1981 raggiunge la posizione #107 di Billboard e la #7 della Dance Club Songs.
Si crea il primo zoccolo duro di fans, Mony Mony e Dancing with Myself vengono regolarmente suonate nelle discoteche, la stampa inizia a parlare di Idol e si crea molto fermento e anticipazione verso il suo LP di debutto.
Forte di questo successo, Billy comincia a lavorare al suo primo disco solista…





1982: a questo punto del suo percorso, Idol riesce a maturare la sua vocalità, rendendola più eclettica e profonda, nonché più potente. Il rocker adotta, inoltre, un look postmoderno, vagamente ispirato alla saga di Mad Max e alla fantascienza distopica. Simbolo-feticcio di questa sua nuova identità guerriera è il crocefisso, assurto a ruolo di collettore di forze invisibili ed impalpabili, quasi a sottolineare che la sua musica scaturisca da una missione divina. Ci troviamo in tempi non sospetti; Madonna con un look simile sarebbe apparsa solo e soltanto nel marzo del 1984, con il video Lucky Star… 
Il 16 luglio viene lanciato l’album Billy Idol nella sua versione originale, ovvero quella in cui la track-list si chiude con Congo Man (un breve reprise di Love Calling). La copertina raffigura Billy abbigliato con una camicia costellata di kanji giapponesi.
Il primo singolo tratto dall’album è Hot in the City, che raggiunge la posizione #23 in settembre. Nell’incisione suonano Keith Forsey (batteria), Ashley Otten (chitarra) e Mick Smiley (basso).
Nel resto del disco esordisce Steve Stevens, accompagnato da Phil Feit (basso) e Steve Missal (batteria). Stevens è destinato a diventare la controparte ideale di Idol, con il suo stile chitarristico pirotecnico, la sua immagine proto-hair metal reminiscente del Johnny Thunders delle New York Dolls e le sue spiccate capacità di songwriter.
L’album presenta in toto le caratteristiche seminali della “Formula Idol”, sebbene con qualche accento particolare a determinati aspetti: esibisce infatti una spiccata propensione per le fioriture chitarristiche graffianti di Stevens e la vena melodica agrodolce e, a tratti, decisamente malinconica di Billy.
Idol appare in importanti trasmissioni musicali nazionali e si imbarca nel suo primo tour come astro nascente. Nell’arco di 10 mesi esegue circa 130 concerti.
Il secondo singolo è White Wedding (Part 1). Il brano raggiunge la posizione #110 in novembre, ma lentamente diventa popolarissimo, complice il videoclip “simil-gotico” che Idol inaugura su MTV. Il video si avvale della sapiente regia di David Mallet. In realtà, questo non è affatto il primo flirt tra Billy e l’arte visiva; infatti, mesi prima, era già stato girato un videoclip per Hot in the City, davvero rudimentale, dove Billy era rozzamente sovraimpresso su una serie di filmati storici relativi all’uso di missili nucleari.




1983: Billy Idol viene ripubblicato con una nuova copertina (Billy con il pettorale nero) e la traccia Dancing with Myself al posto di Congo Man. La re-release debutta al #45 di Billboard e nel 1984 sfocerà in un disco d’oro (500.000 copie).
Billy lancia il videoclip di Dancing with Myself, con l’illustre regia di Tobe Hooper e un budget di 70.000 dollari: la risonanza è incredibile e Idol diventa istantaneamente un’icona.
White Wedding (Part 1), ripubblicata, raggiunge la posizione #36 nella classifica principale e la #10 nella Dance Club Songs.
Anche Don’t Stop beneficerà dell’effetto video, raggiungendo la posizione #71 e arrivando a vendere 300.000 copie nella sola America.
Intanto Billy ha completato i lavori al suo secondo disco, che debutta il 10 novembre: Rebel Yell. A fungere da apripista è il singolo che dà il nome all’album. Il boom è travolgente e mondiale.
Rebel Yell mostra un’impronta più incisiva ed omogenea rispetto all’album precedente. Idol ha ulteriormente perfezionato e levigato la sua formula di fusione tra rock, pop, elettronica e attitudine punk.
Nel personale del disco, le tastiere sono affidate anche all’ammaliante Judi Dozier, che diventerà presto una figura caratteristica del pantheon idoliano.
A capodanno, Billy e la sua band eseguono una memorabile performance negli studi di MTV.





1984: Rebel Yell (l’album) raggiunge la posizione #6 negli USA.
Il secondo singolo, Eyes without a Face, raggiunge velocemente la posizione #4. I videoclips di Rebel Yell e Eyes without a Face imperversano su MTV.
Seguono Flesh For Fantasy e Catch My Fall, sia in vinile che in televisione, ed è trionfo assoluto.
L’universo audiovisivo di Idol, misterioso e vagamente distopico, sensuale ed energico, capace di mescolare correnti stilistiche e suggestioni lontane tra loro, continua dunque ad affascinare legioni di teenagers e amanti della musica in tutto il mondo.
Rebel Yell (l’album) arriverà a vendere 2 milioni di copie negli Stati Uniti solo nel 1984, guadagnandosi un doppio platino.
Billy Idol comincia un imponente tour.
Il riscontro commerciale del rocker di Bromley è davvero una totale anomalia, una scossa al sistema che va contro tutti i pronostici. Infatti, Billy in America è un “forestiero”, non gioca in casa e non è certo supportato da un colosso – la Chrysalis Records è una popolare etichetta indipendente inglese, ma per certi versi non raggiunge i livelli delle illustri sorelle Warner, EMI e Sony. Oltretutto, lo stile di vita “sesso, droga e rock’n’roll”, trascinato al suo eccesso parossistico, rende il ribelle platinato ingestibile e pericoloso per l’intero l’establishment. Ai tempi dei Generation X era considerato il “Punk Pulito”, adesso invece è divenuto… il “Cattivo Ragazzo del Rock”!




1985: in gennaio, Billy appare senza troppi veli sulla cover del Rolling Stone Magazine #440, cementando la sua neonata fama di sex symbol.
Billy pubblica per il solo mercato inglese la raccolta di remixes Vital Idol (versione UK). L’album gli fa conquistare la posizione #7 della classifica britannica e un platino. Parallelamente, sia White Wedding (Part 1) che Rebel Yell vengono rilanciate nel Regno Unito, raggiungendo entrambe la posizione #6. Finalmente Billy ha conquistato la madrepatria.
Come se non bastasse, la Idolmania in Inghilterra assume anche risvolti retroattivi non appena i Generation X vengono riscoperti da un nuovo pubblico. La Chrysalis infatti immette nei negozi di dischi una raccolta celebrativa: The Best of Generation X. Nella track-list sono persino presenti tre brani tratti dallo sfortunato Kiss Me Deadly
Intanto, Steve Stevens partecipa al Live Aid come componente di un ensemble formato con Madonna, Nile Rodgers e i Thompson Twins.
Idol ottiene una prima nomination al prestigioso Grammy Award, nella categoria “Best Male Vocal Rock Performance”, grazie a Rebel Yell.
Accantonato il fallimentare progetto del film King Death, Billy finalmente si dedica ad un nuovo campionario di canzoni per il suo prossimo album…








1986-1991: Supernova


1986: Tony James, alla guida della sua nuova band Sigue Sigue Sputnik, finalmente ottiene una dolce rivincita con l’inoppugnabile successo dell’album Flaunt It, subito balzato alla posizione #10 della classifica britannica. Il singolo Love Missile F1-11 svetta alla posizione #3 in UK e diventa un classico degli anni ottanta. Ironicamente, ben due componenti della band sono in pratica “cloni” di Idol nelle fattezze, nella capigliatura e nel look: il chitarrista Neal X e il batterista Ray Mayhew.
Il 20 ottobre, Billy pubblica il suo terzo album solista, Whiplash Smile. Il singolo apripista, To Be a Lover, raggiunge la posizione #6 di Billboard. L’album vende inizialmente due milioni di copie nel mondo.
Whiplash Smile presenta un’ulteriore evoluzione vocale, con Idol in grado di esprimere al meglio l’aspetto roco e blues della sua ugola. Il disco ha una matrice elettronica più marcata, con la produzione di Forsey che interpreta la parte del leone e sovrasta l’approccio rock degli albums precedenti. La formula di Idol qui si espande e assume un connotato atmosferico maggiore, mentre il songwriting si fa più intenso e chiaroscuro che mai. Nel disco, Billy racconta la sua alienazione da rockstar, il suo malessere per una temporanea separazione da Perri Lister e, in generale, il suo spirito romantico tormentato ed incompreso.




1987: mentre Whiplash Smile riscontra un enorme successo, Billy pubblica due nuovi singoli, Don’t Need a Gun (#10 nella Mainstream Rock) e Sweet Sixteen (Top 20 sia in America che Regno Unito).
In Casa Generation X continuano a susseguirsi le rivalse, e questa volta tocca a Bob “Derwood” Andrews: il singolo della sua nuova band Westworld, intitolato Sonic Boom Boy, raggiunge la posizione #11 della classifica UK.
Steve Stevens partecipa alla colonna sonora del film Top Gun con il brano Top Gun Anthem, che gli vale la vittoria di un Grammy Award come “Best Pop Instrumental Performance”. Stevens presta la sua mano anche nell’album Bad di Michael Jackson, suonando in Dirty Diana. Coincidenza(?) vuole che Jackson si sia “idolizzato” e abbia cambiato look e attitudine; è palese che il licantropo platinato abbia avuto un’influenza indiretta su di lui.
Intanto Idol ottiene una seconda nomination al Grammy, nella categoria “Best Male Vocal Rock Performance”, grazie a To Be a Lover.
Il tour in supporto di Whiplash Smile esplode in un tripudio di sold-out. Terminati i concerti, il sodalizio di Idol e Stevens si rompe temporaneamente, a causa delle divergenze artistiche e le frizioni personali sorte durante le incisioni del disco.
In ottobre, Billy pubblica l’edizione statunitense di Vital Idol, che velocemente raggiunge la posizione #10 di Billboard e si guadagna il disco di platino (1 milione di copie). Ad accompagnare la release, il singolo Mony Mony in un’inedita versione live, che raggiunge la vetta della classifica… Number One!
Billy inoltre si trasferisce definitivamente a Los Angeles e compra la sua prima motocicletta Harley-Davidson: “Rude Dude”.
Un nuovo video per il brano Hot in the City non riscontra i favori di MTV e viene giudicato da alcuni blasfemo. La controversia non impedisce alla re-release di balzare nella Top 50 americana.





1988: ulteriori affermazioni all’orizzonte. In Gran Bretagna viene pubblicato un Greatest Hits di Billy, Idol Songs: 11 of the Best, che raggiunge la posizione #2 della classifica UK e ottiene un disco di platino. La raccolta viaggia sulla scia della re-release inglese di Hot in the City, giunta con prepotenza alla posizione #13.
Billy collabora con Joni Mitchell, cantando nella traccia Dancin’ Clown assieme a Joni e Tom Petty. Il brano è contenuto nel nuovo disco di Mitchell, Chalk Mark in a Rain Storm. Il nostro eroe partecipa inoltre – in veste di cameo – al videoclip promozionale del brano Wild Thing, cover realizzata da Sam Kinison. Il rocker appare in compagnia di artisti quali Jon Bon Jovi, Steve Tyler e Slash.
Idol ritorna a comporre nuova musica. Assolda il biondo Mark Younger-Smith come sua nuova controparte chitarrista e comincia a lavorare al suo quarto disco solista.
Willem Wolfe Broad, primogenito di Billy e frutto della sua unione storica con Perri Lister, nasce il 15 giugno.
A dicembre, Idol partecipa al Bridge School Benefit organizzato da Neil Young.




1989: i lavori per il quarto disco proseguono. Billy viene anche scritturato in gran segreto da James Cameron per il ruolo del T-1000 nel film Terminator 2: Il Giorno del Giudizio. 
Il 21 agosto nasce Bonnie Blue Broad, la secondogenita di Billy nonché frutto del suo breve flirt con Linda Mathis. Tre giorni dopo, Billy partecipa nel ruolo di Cousin Kevin al concerto dei Who, nell’ambito del loro reunion tour. Il concerto è filmato da MTV.
Nel frattempo, Steve Stevens pubblica il suo primo album, Atomic Playboys. Il disco raggiunge la posizione #119 di Billboard. La title track verrà in futuro utilizzata, negli anni novanta, dal popolare canale australiano Nine Network per chiudere i suoi reportage di Formula Uno.

1990: terminate le registrazioni, Billy è coinvolto in un terribile incidente motociclistico e sopravvive per miracolo. Ciò non gli impedisce di pubblicare, ad aprile, il nuovo singolo, Cradle of Love. Il 45 giri conquista il disco d’oro dopo essersi piazzato alla posizione #2 di Billboard e addirittura in vetta alla classifica Mainstream Rock Tracks. Il brano funge anche da colonna sonora ad un film, The Adventures of Ford Fairlane.
A maggio, invece, sopraggiunge l’album Charmed Life. Il disco si guadagna quasi istantaneamente il platino negli USA. La Idolmania raggiunge picchi impensabili.
Charmed Life è un album che fonde il rock con il blues, e dove Idol trova terreno fertile per il suo stile vocale chiaroscuro, capace di oscillare tra il delicato ed il potente senza trascurare il suo famoso ed iconico urlo. L’approccio è vicino alla sensibilità incisiva di Rebel Yell, ma con una produzione decisamente sofisticata e plastica, merito anche del budget stratosferico. Nel disco suonano musicisti eccellenti: oltre a Younger-Smith, Phil Soussan al basso e Mike Baird alla batteria.
Billy adotta un look che attinge da Elvis Presley e traduce in una chiave post-nucleare, tra il vintage glamour anni sessanta e il futuristico. Il videoclip in sostegno del primo singolo è girato da David Fincher, e presenta un Idol in versione pop art warholiana, nella guisa di uno spirito rock’n’roll che si muove di quadro in quadro, in un appartamento invaso da una bella tentatrice…
Il videoclip vincerà un MTV Music Award su tre nomination.
In estate giunge invece la cover dei Doors L.A. Woman, una hit rock da Top 20.
Ad agosto, Idol si imbarca nel tour più sontuoso della sua carriera, con un palco sovrastato da un pugno gigante che, all’occorrenza, mostra il “dito medio” al mondo. Il tour abbraccia tutto il globo e lo vede impegnato per cinque interminabili mesi. A dicembre, Billy si esibisce in un concerto all’Arena di Wembley, davanti ad uno sterminato pubblico. Nello stesso mese, la parabola commerciale di Charmed Life si chiude con l’autobiografica Prodigal Blues, una hit rock da Top 40.
Nel videoclip, Billy scorrazza sulla sua Rude Dude per una strada americana desolata e parzialmente distrutta, bendato, pronto a sfidare il destino.
Gli aspetta la decade più strana della sua vita e della sua carriera, che porterà alla nascita di un nuovo Billy Idol. 






Scritto da Tiziano Caliendo 
Copyright delle foto ai rispettivi fotografici e case discografiche















 




 
 


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